LA PRESSIONE

La pressione nello shiatsu

Le mani sono uno strumento essenziale per avere un contatto con un’altra persona ed il massaggio è come mettersi nelle mani di qualcuno.

Nell’esercizio della pressione ci sono tre regole: la pressione perpendicolare, la pressione mantenuta costante e la concentrazione mentale.
Una pressione esercitata in assenza di questi elementi, per la legge non può essere considerata shiatsu. Non basta premere gli tsubo, concetto molto distante dalla “vera” pressione esercitata sul corpo. Questa idea errata è la principale causa della scorretta interpretazione dello shiatsu. La “regola” è ciò che delinea con chiarezza un concetto, ed è di fondamentale importanza per l’esistenza e la comprensione del concetto stesso rispettarla senza eccezione.

La pressione costante e perpendicolare

La pressione mantenuta costante è ciò che maggiormente caratterizza lo shiatsu. La perpendicolarità la troviamo anche nell’ANMA (AN significa “calmare con la mano“, mentre MA è “massaggiare per rimuovere“. È il massaggio tradizionale giapponese praticato fin dall’antichità anche nelle terme). Il terzo punto sulla concentrazione mentale si riferisce all’approccio dell’operatore, più che ad una tecnica.
Nei libri per principianti, dove regna la logica del “fai da te”, non si discute mai questo importante aspetto. Troviamo, piuttosto, istruzioni sulla corretta posizione delle dita, sulla forza da impiegare, sulla postura dell’operatore nell’esercitare la pressione o sullo tsubo su cui lavorare in relazione ad una determinata malattia.

Provate, invece, ad esercitare la pressione premendo costantemente per cinque-sette secondi (come insegnato nelle scuole e riportato nei manuali per principianti): dopo nemmeno cinque minuti, proverete dolore alle dita. In realtà, anche senza questa pressione, dopo aver fatto uno shiatsu completo (su tutto il corpo), sentirete affaticamento e/o dolore dalle dita fino alle spalle. I principianti, solitamente, non riescono a sopportare tale fastidio e smettono; alcuni professionisti, invece, pur avendo acquisito esperienza, senza volerlo praticano in modo scorretto e, anziché mantenere la pressione costante, muovono il corpo, premendo con la punta delle dita per essere più comodi.

Identificare gli tsubo

Quando parliamo di questi cinque-sette secondi, li interpretiamo riferendoci al momento in cui viene identificato lo tsubo. Alcune scuole, invece, affermano che non è necessario che la pressione mantenuta costante sia di questa tempistica, e che basterebbero anche due-cinque secondi. Oltretutto, esse modificano di proposito la pressione (aumentandola o diminuendola gradualmente) nell’intera durata dell’atto. A conferma di quanto detto, nel testo di legge del Ministero viene spiegato che, “una volta identificata la zona, la pressione esercitata deve rimanere costante”, e non vengono nemmeno citati i movimenti antecedenti o successivi a tale atto. L’effetto dello shiatsu scaturisce appunto da questa pressione mantenuta costante, che agisce a livello psico-fisico” senza fare riferimento alla forza che viene diminuita o aumentata. Il metodo della variazione della pressione è, invece, utilizzato nell’anma (con la tecnica chiamata Appaku-hô) ed è stato individuato tramite appositi esperimenti.

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